Prima Lettera Pastorale del Vescovo Aurelio Bacciarini

Venerabili Fratelli e Figli carissimi in Gesù Cristo!

E' proprio della Divina Sapienza scegliere per il compimento dei suoi disegni mezzi
umanamente spregevoli ed inetti: e ciò per confondere la nostra superbia e costringere il
nostro orgoglio a riconoscere in tutte le cose la mano santa e onnipotente del Signore.
Questa arcana economia della sapienza di Dio voi la vedete confermata con meridiana
evidenza nel fatto presente.
Un povero ed oscuro figlio dei monti verzaschesi, senza titoli di nobiltà, senza ricchezza
di censo, senza splendore di cariche occupate, senza meriti, senza qualità personali
distinte, viene elevato all'altezza della dignità episcopale, e così come è, misero e fiacco,
spoglio di virtù e mancante delle doti richieste dal sublimassimo stato, viene inviato a voi
dal Vicario di Gesù Cristo come vostro Padre e Pastore.
Grande Iddio! Quale castigo della mia superbia e quale punizione dei miei peccati! Io
bacio i piedi del Santo Padre il Papa, che tanta fiducia volle riporre in questo ultimo de'
suoi figli: ma non posso a meno che sentirmi profondamente umiliato, come un
percosso da Dio, sotto al peso della mia indegnità.
Oh io avrei preferito vivere e morire nell'ultimo ricovero di Don Guanella, dove più
sicuro è il sentiero nell'eternità, perché è fatto di povertà e di umiltà! Anzi, lasciate che vi
apra il cuore, io avrei preferito, e ne pregai il Signore, che Dio mi avesse preso con sé
prima che l'infula episcopale mi cingesse la fronte indegna!
O anime benedette dei miei poveri morti, o Arciprete Vaghetti, maestro e guida dei primi
miei passi, o Don Luigi Guanella, padre dell'anima mia, come mai, voi che leggeste tutte
le pagine della mia vita peccatrice, voi che misuraste da vicino la meschinità delle mie
forze, come mai dal luogo del vostro riposo eterno non avete pregato per allontanare da
me questo calice?
O altitudo divitiarum sapientiae et scientiae Dei: quam incomprehensibilia sunt judicia eius et
investigabiles viae eius (Rom. 11, 33). Nei suoi imperscrutabili disegni, nelle sue vie adorabili
il Signore ha disposto diversamente: si compia in eterno il suo santo volere*
Ed ecco che il vostro povero Vescovo vi parla per la prima volta, tutti benedicendo, tutti
salutando nel Signore, sacerdoti e laici, autorità e popolo, comunità e individui, tutti
abbracciando nella carità di Dio, aspettando nella carità paterna il giorno e l'ora di essere
coi figli suoi.
Poiché non dovete credere, Fratelli e Figli carissimi, che il sentimento intimo della mia
indegnità ed insufficienza, affievolisca in me la coscienza del dovere: anzi, benedico il
Signore in eterno perché la mia forza sta nel sapermi immeritevole ed incapace. E' Dio
che tutto ha fatto: e Dio, fedele alle sue promesse, mi sorreggerà con aiuto possente.
Questo grande pensiero di fede fa tacere in me ogni senso di timidezza e di incertezza e
mi infonde un coraggio sereno e forte che il mondo ignora.
E a questo massimo conforti si aggiunge il conforto di sapere che tutti benevolmente mi
attendete per stringervi come una famiglia devota attorno al Vescovo che vi manda il
Signore. Dalle tante dimostrazioni di affetto e dalle notizie pervenutemi a Roma, ho
potuto rilevare che il Ticino cattolico è col Vescovo, di mente e di cuore, e che si
propone di cooperare con slancio sincero alla missione di bene che il Vescovo verrà a
compiere nel nome e nell'aiuto di Dio.
Di questo conforto ineffabile io vi sono profondamente riconoscente, Fratelli e Figli
carissimi, e prego Iddio che ve ne renda merito coll'abbondanza di ogni benedizione.
E voi pure pregate incessantemente per me, poiché io sono persuaso che nessuno è sulla
terra più di me bisognoso del divin aiuto.
Pregate perché il Signore mi conceda le virtù dei santi Pontefici, dei santi Pastori: che mi
conceda la carità, la umiltà, la mansuetudine, la prudenza, la fortezza, lo spirito del
sacrificio. Diceva il Venerabile Vescovo Gianelli: «Il Vescovo non deve avere che due
luoghi di riposo: il sepolcro in questa vita e il Paradiso nell'altra». E il Padre Lymard, il
Fondatore della Congregazione dei Sacerdoti Adoratori era solito esclamare: «che sono
mai dieci anni di meno nella mia vita: basta che io salvi anime!».
Pregate, Fratelli e Figli carissimi, pregate perché sia questo lo spirito del vostro Vescovo.
Pregate perché il Vescovo sia il padre dei poveri, l'amico dei piccoli, come Gesù Cristo, il
consolatore degli afflitti e pianga come suo il dolore di tutti, per tutti confortare, aiutare,
salvare.
Pregate perché il Vescovo possa predicare con efficacia e con frutto la divina parola, i
giudizi di Dio e l'eternità che ci aspetta.
Pregate perché il Vescovo possa salvare tutte le anime a Lui affidate e che si avveri
l'augurio testé fatto dal venerando successore di S. Carlo, il Cardinale Ferrari, che cioè si
potesse fare del popolo ticinese un popolo di santi.
E a fine di raggiungere questo ideale supremamente bello, lasciate che io vi disveli sino
da questo momento due grandi amori che io vorrei ardessero e divampassero, come
fiamme, nel cuore di tutti: amore a Gesù Cristo nel Sacramento e l'amore al Papa.
Gesù Cristo nel Sacramento è la sorgente di ogni grazia, è la vita della nostra vita, è
l'anima dell'anima nostra; è il principio e il pegno della salvezza per gli individui non
solo, ma ancora per la pietà. Non per nulla il S. Pontefice Pio X, quando vide levarsi la
bufera di tanti errori, quando vide la società allontanarsi da Dio e correre vie perverse,
quando presentì il fragore della guerra che avrebbe scossa l'Europa e minate le radici
stesse della civiltà, non per nulla il mite santo Pontefice a tutti additò gli altari della
Eucaristia, perché nella unione con Gesù Cristo, nel contatto delle sue carni immacolate
e nel lavacro del suo Sangue, individui e popoli risorgessero a vita nuova, a costumi più
puri, a carità più sincera, a pace più sicura. Stupenda concezione sociale, sconosciuta dal
mondo, e nota solo a chi possiede il dono incomparabile della fede.
Ebbene faccia Iddio che questo divino principio di rinnovazione individuale, famigliare e
sociale trovi la sua completa attuazione nel mio diletto popolo, per farne la felicità
temporale ed eterna!
E coll'amore a Gesù Cristo l'amore al Papa che lo rappresenta.
Fra le tante grazie accordatemi dalla misericordia del Signore una delle più grandi e
preziose è questa di avere sempre sentito in cuore un amore invincibile per il Papa. Mia
massima prediletta fu sempre la massima di S. Alfonso: «Parola del Papa, parola di: Dio;
volere del Papa, volere di Dio, desiderio del Papa, desiderio di Dio». E se Dio continua ad avermi
misericordia, questa massima ripeterò colla mente, col cuore, colla lingua, colle opere,
coll'essere mio tutto quanto sino all'estremo dei miei poveri giorni, perché nel Papa,
come in Gesù Cristo, sta la via, la verità e la vita. E vorrei che così pensasse, così
operasse tutto il caro popolo che Dio mi affida; vorrei che ciascuno dei miei figli
spirituali facesse suo il motto di tutti i martiri, di tutti i confessori della fede, di tutti i veri
figli della Chiesa Madre nostra: «Inaridisca la mia mano destra, si attacchi al palato la mia
lingua, cessi di battere il mio cuore, prima che io mi allontani da uno solo dei tuoi
insegnamenti, o Pastore dei Pastori, o Maestro di verità, o dolce Cristo in terra!»
Ah se i popoli conoscessero quale grande segreto di felicità, di prosperità e di pace sta
racchiuso in questa fede nostra! Sino da questo momento, Fratelli e Figli Carissimi,
mettiamo assieme tutti quanti i nostri sforzi, perché questa fede viva e trionfi in tutti i
cuori, in tutte le famiglie, in tutte le istituzioni, in tutta la società, affinché siano in tutti la
gioia e la pace dei figli di Dio, e dappertutto rifioriscano i costumi puri e santi e si
riaccenda la carità e si ristabilisca il regno del timore di Dio, principio di quella vera
sapienza che agli individui come ai popoli insegna e rischiara le vi della salvezza.
E' con questa suprema speranza, o Fratelli e Figli carissimi, che io vengo a voi, poiché
parmi dinanzi a Dio, di non mirare ad altro che al vero bene e alla salvezza del popolo.
Fin d'ora Offro la mia povera vita pel mio popolo e sospiro il giorno di incominciare a
spenderla nel pastorale lavoro.
Se altro non saprò fare, porto meco nel cuore il programma che Don Guanella dettava
dal letto della sua santa morte: «Pregare e patire»: la preghiera e la croce sono le chiavi del
cielo.
Del resto, tutto, si può dire, il Venerando Clero e gran parte del buon popolo Ticinese
già mi conoscono: sanno che dall'affetto del mio cuore nessuno è escluso; sanno che mio
proposito è di farmi, coll'aiuto di Dio, tutto a tutti; sanno che la Casa del Vescovo sarà a
tutti aperta, a sacerdoti e laici, a ricchi e poveri, a umili e potenti, senza distinzioni;
perché di tutti, e degli umili specialmente, è Padre il Vescovo. E quindi nessuno vorrà
negare al Vescovo il conforto della più larga confidenza, come nessuno vorrà negargli,
ne sono sicuro, la sua cooperazione fedele e costante.
Ed ora, Fratelli e Figli Carissimi, leviamo assieme le pupille fiduciose a quella Vergine
dolcissima che guarda qual Madre al patrio Ticino dal suo Santuario del Sasso.
«O cara, indimenticabile Vergine! Ecco ai vostri piedi il popolo del Ticino col suo
povero ed indegno Pastore! Benedite a Lui e sorreggetelo col vostro braccio materno! E
con Lui benedite il Venerando Capitolo della Cattedrale, tutto il Clero, i Seminari
Diocesani, le civili Autorità, gli Istituti religiosi e civili, le Cattoliche Associazioni, le
Scuole, il popolo tutto quanto, e di tutti fate una pacifica Famiglia, di cui Voi siate
Madre! Confermate i giusti, convertite gli erranti, asciugate il pianto degli afflitti, aiutate i
vivi, suffragate i morti! Siate voi la mia guida, la mia consigliera, la mia speranza, la mia
tutela, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria!».
E per le mani della nostra Madonna, e di S. Carlo, che invoco Patrono e Padre
dolcissimo, vi benedico io pure, o Fratelli e Figli carissimi, con tutta la effusione del
cuore nel nome della Trinità Santissima, Padre Figliuolo e Spirito Santo, cui sia gloria e
benedizione in eterno.

Lugano, 21 gennaio 1917

+ Aurelio Bacciarini, Vescovo
Amministratore apostolico del Ticino